mercoledì 27 gennaio 2016

Poiché i versi non sono, come crede la gente, sentimenti (che si hanno già presto), sono esperienze.



 


                                                                 (William Turner)



Oh, ma con i versi si fa ben poco, quando li si scrive troppo presto.
Bisognerebbe aspettare
 e raccogliere senso e dolcezza
 per tutta una vita e meglio una lunga vita,
 e poi, proprio alla fine, forse si riuscirebbe a scrivere dieci righe che fossero buone.
Poiché i versi non sono, come crede la gente,
sentimenti (che si hanno già presto), sono esperienze.
Per un solo verso si devono vedere molte città, uomini e cose,
si devono conoscere gli animali,
si deve sentire come gli uccelli volano,
e sapere i gesti con cui i fiori si schiudono al mattino.
Si deve poter ripensare a sentieri in regioni sconosciute,
a incontri inaspettati e a separazioni che si videro venire da lungi,
a giorni d’infanzia che sono ancora inesplicati,
ai genitori che eravamo costretti a mortificare
quando ci porgevano una gioia e non la capivamo (era una gioia per altri)
a malattie dell’infanzia che cominciavano in modo così strano
con tante trasformazioni così profonde e gravi,
a giorni in camere silenziose, raccolte, e a mattine sul mare, al mare, a mari,
a notti di viaggio che passavano alte rumoreggianti e volavano con tutte le stelle,
e non basta ancora poter pensare a tutto ciò.
Si devono avere ricordi di molte notti d’amore,
nessuna uguale all’altra,
di grida di partorienti, e di lievi, bianche puerpere addormentate che si richiudono.
Ma anche presso i moribondi si deve essere stati,
si deve essere rimasti presso i morti
nella camera con la finestra aperta e i rumori che giungono a folate.
E anche avere ricordi non basta. Si deve poterli dimenticare,
quando sono molti,
e si deve avere la grande pazienza di aspettare che ritornino.
Poiché i ricordi di per se stessi ancora non sono.
Solo quando divengono in noi sangue, sguardo e gesto,
senza nome e non più scindibili da noi,
solo allora può darsi che
 in una rarissima ora
 sorga nel loro centro e ne esca la prima parola di un verso.

Rainer Maria Rilke




Cerchi che si tendono sempre più
ampi sopra le cose è la mia vita.
Forse non chiuderò l’ultimo
ma voglio tentarmi.
Giro attorno a Dio, all’antica torre,
giro da millenni;
e ancora non so se sono un falco,
una tempesta
o un grande canto.

Rainer Maria Rilke






                                                                    (Marc Chagall)



Fuoco indistinto

Un chiaro fuoco m’abita e vedo freddamente
la violenta vita, illuminata tutta…
io non posso più amare oramai che dormendo
i suoi graziosi atti mescolati di luce.

I giorni miei, la notte, mi riportano sguardi
dopo i primi momenti di un infelice sonno,
quando sparsa nel buio è la sventura stessa,
tornano a farmi vivere, mi danno ancora occhi.

Se erompe quella gioia, un’eco che mi sveglia
ributta solo un morto, alla mia riva di carne.
E al mio orecchio sospende, il mio riso straniero

come alla vuota conchiglia un sussurro di mare,
il dubbio – sul bordo di un’estrema meraviglia,
se io sono, se fui; se dormo oppure veglio…

Paul Valery 





LE VANE BALLERINE

Quelle che sono fiori leggeri son venute,
figurine d'oro, bellezze minute
dove iride diviene, debole luna... Eccole
fuggire melodiose nel bosco rischiarato.
Di malva e d'iris e di notturne rose
le grazie nella notte, sotto la loro danza, schiuse.
Che velati profumi, da quelle dita d'oro!

Ma si sfoglia l'azzurro in questo morto bosco
e riluce a fatica un filo d'acqua sottile,
riposata, come tesoro pallido di antica
rugiada, da cui il silenzio in fiori sale. Eccoli
melodiosi fuggire nel bosco rischiarato.

Graziose quelle mani verso gli amati calici;
un po' di luna dorme sulle devote labbra
e le loro braccia splendide, dai gesti addormentati
dipanano piacevolmente sotto gli amici mirti
i fulvi loro vincoli, carezze... Ma talune
del ritmo meno schiave e delle arpe lontane
verso un sepolto lago vanno con passo lieve
a bere dai gigli la gracile acqua in cui dorme l'oblio.

Paul Valery 

                                                                              (Edgard Degas)

Selezione poetica e immagini a cura di Adele Musso e Fabrizio Sapio

6 commenti:

  1. oggi mi piace commentare con una poesia:

    A una mia poesia

    Nel migliore dei casi,
    poesia, sarai letta attentamente,
    commentata e ricordata.

    Nel peggiore
    sarai soltanto letta.

    Terza eventualità:
    verrai sì scritta,
    ma subito buttata nel cestino.

    Potrai approfittare di una quarta soluzione:
    scomparirai non scritta
    borbottando qualcosa soddisfatta.

    Wislawa Szymborska

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  2. Ma anche presso i moribondi si deve essere stati,
    si deve essere rimasti presso i morti
    nella camera con la finestra aperta e i rumori che giungono a folate.
    E anche avere ricordi non basta. Si deve poterli dimenticare,
    quando sono molti...

    tra le tante mi piacque questa, ìsta mania di ricordare, vuotamente, come succede proprio oggi 27 gen, che quasi quasi meglio dimenticare. Non tutto il passato merita di essere ricordato, solo quello che ti serve per capire il presente.
    Ecco, eliminare i ricordi inutili, o resi inutili.
    gd

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    1. Hai scelto un passo forte che sintetizza il senso dell'esistenza intera. Lieta che tu venga a trovarci e nelle nostre scelte ti ritrovi.

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  3. condivido che i versi "sono esperienze", la poesia ne è pregna, quella vera, il resto è: un giro di giostra che stordisce.

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  4. Si deve aver la pazienza che i ricordi ritornino, dice Rilke. Sembra che tornino quando qualcosa dell'Attualità te li risuscita ma devi saperli leggere gustare e usare, altrimentiè inutile.

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  5. Mi spiego meglio: leggere significa domandarsi umilmente cosa vuol dire chi scrive. E se ti serve e ti aiuta. E se non dice... ciccia.

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