mercoledì 30 marzo 2016

Esistono profumi freschi come carni di bambino, dolci come oboi, verdi come prati, ed altri corrotti, ricchi e trionfanti





Amore mio fanciullo,
un tempo bevevo il tuo sorriso con occhi ridenti
ma adesso vedo che boccheggi e deglutisci:
incespichi nell’arte di noi donne,
a dissimulare o almeno a eludere.
Mi piace che mi rispetti al punto
da costruirmi intorno una buona menzogna
come una camicia di seta intrisa di ricami di veleno.
Tu tanto ridente,
quando mi parli serio
denunci coi gesti
lo sforzo estraneo a cercare una bugia
ancora più convincente
scegliendo con cura le ciliegie più belle
prima di intingerle nel liquore dell’obblio
durante le coppe delle feste.
Lo so che altre ti stringono tra le cosce.
Ma tu continua a negarlo, ti prego.
Che me ne faccio della verità
quando la posso barattare col mio amore
che non guarderà mai dietro quella tela.
Continua a dirmi che mi ami
e io ti crederò.

Sofia P. Bazori

                                                       (Pablo Picasso, la bevitrice di assenzio)




Spleen
Le rose erano tutte rosse
e l’edera tutta nera.

Cara, ti muovi appena
e rinascono le mie angosce.

Il cielo era troppo azzurro
troppo tenero, e il mare

troppo verde, e l’aria
troppo dolce. Io sempre temo

– e me lo debbo aspettare!
Qualche vostra fuga atroce.

Dell’agrifoglio sono stanco
dalle foglie laccate,

del lustro bosso e dei campi
sterminati, e poi

di ogni cosa, ahimé!
Fuorché di voi.


Paul Verlaine





Nella sala da pranzo bruna, profumata
D’un sentore di frutta e di vernice, prendo
Comodamente un piatto di non so qual pietanza
Belga, e mi lascio andare dentro alla sedia immensa.

Mangiando, lieto e calmo, ascolto l’orologio.
Si apre con un colpo di vento la cucina,
- Ed ecco venire, chissà perché, la serva,
Spettinata con arte, scialle sfatto,

E con ditino incerto sfiorandosi una guancia,
Velluto biancorosa di pesca, e atteggiando
A smorfia quella sua bocca infantile,

Per meglio accomodarmi dispone intorno i piatti;
- E poi, così, – ma si, voleva un bacio,-
Pian piano: “Senti, dice, ho una freddo alla guancia…”


Artur Rimbaud




Ti adoro

T'adoro al pari della volta notturna,
o vaso di tristezza, o grande taciturna!

E tanto più t'amo quanto più mi fuggi, o bella,
e sembri, ornamento delle mie notti,
ironicamente accumulare la distanza
che separa le mie braccia dalle azzurrità infinite.

Mi porto all'attacco, m'arrampico all'assalto
come fa una fila di vermi presso un cadavere e amo,
fiera implacabile e cruda, sino la freddezza
che ti fa più bella ai miei occhi.

Charles Baudelaire





Le sue parole si arrampicarono su per le finestre
che avevo chiuso la porta
E mi gridarono dalle imposte
che il suo amore non poteva
rimanere fuori
sarebbe morto caduto scivolato
E allora pronunciò parole
impedirono ai fiori di sbocciare
ai panni stesi di asciugare
E mi ripeté tra i vasi di coccio e i davanzali
che l'amore suo era mio e mio soltanto
E pronuncio parole che spezzarono i fili del bucato
e la ragazza con i capelli al sole tornò dentro
e parlò alla madre ad un orecchio - la pettinò in silenzio
Una, o due ruppero due, tre vetri
ferirono le piume di un passero
nessuno si preoccupò dei cocci
né del timore di un volo incerto
Che entrasse l'aria!
Le promesse stantie e gli umori
giù nel tombino assieme all’amore che sotterra
che un amore buio
è verme che germina nel ventre.

Ade Maudit 



selezione poetica ed immagini a cura di Adele Musso e Fabrizio Sapio