mercoledì 25 novembre 2015

Non aprite quella porta

lattina coi chiavistelli: Paraclausìthyron (dietro la porta chiusa)



 



I Asclepiade di Samo (poeta greco, ante 310 a.C. – ...)

Lunga è la notte – è inverno
e declina in mezzo alle Pleiadi;
ed io, grondante di pioggia,
cammino davanti alla sua porta, trafitto dalla brama di lei,
l’ingannatrice.
Non un amore Cipride,
ma un dardo doloroso di fuoco mi ha gettato” (trad. G. Perrotta)
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II Plauto – Curculio
Chiavistelli, chiavistelli, che piacere salutarvi
Io vi amo, vi scongiuro, e desidero implorarvi:
fate grazia all' amor mio, chiavistelli miei carini,
trasformatevi per me in romani ballerini,
vi scongiuro, sussultate, consegnatemi il mio amore,
che mi fa morire e beve tutto il sangue del mio cuore». (trad. E. Paratore)
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III Eduardo De Crescenzo - Ancora

E' notte alta e sono sveglio,
sei sempre tu il mio chiodo fisso
insieme a te ci stavo meglio,
e più ti penso e più ti voglio
tutto il casino fatto per averti,
per questo amore che era un frutto acerbo,
adesso che ti voglio bene, io ti perdo.

Ancora, ancora, ancora,
perché io da quella sera, non ho
fatto più l'amore senza te,
e non me ne frega niente, senza te
anche se incontrassi un angelo, direi
non mi fai volare in alto quanto lei.

E' notte alta e sono sveglio,
e mi rivesto e mi rispoglio
mi fa smaniare questa voglia,
e prima o poi farò lo sbaglio
di fare il pazzo e venir sottocasa
tirare sassi alla finestra accesa
prendere a calci la tua porta, chiusa, chiusa.











 







IV Properzio Libro I, Elegia XVI vv 18 -26
Porta, profondamente più crudele della stessa padrona,
perché taci chiusa per me da così duri battenti?
Perché giammai schiusa non fai entrare il mio amore,
commossa restituire ignara le furtive preghiere?
Nessuna fine sarà concessa al mio dolore,
e il sonno sarà turpe sulla tiepida soglia?
Le notti a metà del corso, le stelle al completo e l'aria fredda per il gelo dell'oriente,
hanno pietà di me che giaccio.
Tu sola giammai commossa dei dolori umani
risponderai a vicenda ai silenziosi cardini. 


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V Fabrizio 22 Nov 15

Al fresco della notte
i miei polpastrelli intirizziscono
e il fuoco stenta nella lucerna.
Ma la cicala frinisce, e la luna
si veste del profumo del mirto

Canterò le tue grazie, amore mio,
benché un buco sconvolga
le mie budella, e la birra
riempia di nebbia la mente e la bocca”

Così rozzo ti canto
ti reclamo come fa un bambino bizzoso
senza una ragione, solo perché lo voglio

Vorrei vedere la tua faccia
e sto guardando solo la faccia della porta,
con la tua voce dietro
che s’inclina di sotto.

Non mi hai mai amata teneramente, come un innamorato

Che cattivo gusto, mi gira tutto, mi seggo sul gradino

Mi hai amato gelosamente, come un uomo che sa tradire

Sono ubriaco, stasera, e non voglio stare solo
Ho bisogno di stendermi sopra di te
e poi, soddisfatto, accanto a te

Mi hai amato aspramente, come un avaro che possiede

Apri questa maledetta porta
non hai pietà dei vecchi amanti.
Ti canto ancora qualcosa?

Sa di birra la mia boccaaaa // lucidi e sfocati gli occhiiii:
chi sotto questa lucernaaa // vorrà accostarsi a baciarmiiii?

Ma se invento una canzonettaaaa // accompagnandomi col mandolinoooo
chi, presso questa fontanaaaa, // vorrà scostarsi da meeee?”

Ma che, ti è morto il gatto?

Mi è morto il gatto, sì, forse.
Ma anche se fosse stato solo lo scarafaggio di casa
sarei venuto lo stesso con una scusa in tasca
a buttar giù la tua porta a parole.

Sei ubriaco. Torna a casa, è meglio

Che ne sai dov’è la mia casa?
Ho perso le chiavi e il tetto
e dal pavimento salgono
grumi di sangue senza nome

La mia casa era il tuo sorriso
adesso il tuo ghigno sembra venuto
a confondermi le strade

Su, tesoruccio, non ho tempo per le scaramucce.

Vattene, i vicini si lamentano

Apri questa maledetta porta!

Non hai capito ancora ?
Puzzi di alcool e di rabbia
da questa parte mi arriva il tanfo
del tuo fiato osceno che vuole baciarmi.

E allora crepa

Irride al falco la serpe
quando intrattiene nuovi amori in sicuri confini:
non mi attendo altro da te
che un rapido sibilo nella notte,
un cigolio dei cardini
della porta dai chiodi di bronzo,
che mi sputi in faccia il mio non avertiiii”

Contro la porta si spacca il mandolino

Silenzio che brucia le due facce alla porta

Poi un rivolo di piscio caldo spegne l’incendio
si riversa sullo stipite
e va a cercare una strada
senza la direzione del futuro.






VI. Adele

La porta, oh mio beone,
resta chiusa e sigillata
e pure il mio portone

Mi credi svaporata?

Qui la stagione è dura
la crisi incalza e avanza
ed una porta aperta
diviene la speranza
per tutti quei balordi
vigliacchi e disonesti
coi loro grimaldelli
che aspiran ai miei gioielli.

Ordunque io non ti apro!
Per me tu puoi morire,
stirato come un gatto
lanciato giù dal tetto

Adesso il patto è rotto
e quale mandolino?
Tu puzzi come un ratto
salito dalla fogna.
Vergogna!

Ma quanto avrai bevuto?
hai il cuore di una spugna
fiato di una carogna.
La porta non si apre.
Vai a stare con le capre
quello è il posto tuo degno
io provo solo sdegno
per il tuo amore acre.

Che ti venisse un colpo,
una botta di sale
quest'uscio è ormai serrato
la scala non si sale.

Quel demente di nuovo addormentato?
Qui fuori, presso l'uscio,
un cane bastonato, il cervello ormai spompato
il dente invelenito,
passa le notti al freddo con rose e mandolino
ignaro ormai del fatto che qualche buontempone
tolse il cartello: "affittasi immobile in locazione”





mercoledì 18 novembre 2015

"entendez vous dans les cités mugir ces feros mullah. ils viennes jusque dans nos bras égorger nos fils et nos compagnes."

















                                                                    Dipingere poesia

Che la poesia sia viva e vegeta lo dicono gli addetti ai lavori e gli amanti del genere, sebbene da più parti, molti la vogliano bella e stecchita!
Aas e la sua lattina, il contenitore simbolo di poesie e aforismi, non si arrendono, stimolando alla lettura di poeti vecchi e nuovi con caparbietà e passione ogni mercoledì. Qual è la notizia? La notizia è che in questo meraviglioso microcosmo poetico noi non siamo soli. Ci sono altre meravigliose creature che le parole, i versi, addirittura provano a dipingerle. Stiamo parlando di una giovane artista che opera a Palermo dove ha un atelier che è un piccolo scrigno, ma prezioso, Josephine Bonì, che sabato scorso nella serata conclusiva della manifestazione artistica da lei organizzata ha saputo coniugare (verbo a noi di Aas assai caro) poesia, pittura e musica. Semplicità e delicatezza sono state il motivo conduttore, la capacità di armonizzare il catalizzatore. Le opere di Josephine esprimono il suo essere profondamente legato alla musica, nei suoi dipinti alla fluidità del colore si aggiunge un movimento che induce l'osservatore ad ascoltare oltre che vedere. E tra le donne e i luoghi suggeriti dalle opere e le note di un valentissimo chitarrista panormita: Nicolò Renna, la poesia ha avuto spazio e compimento, viva, anzi vivissima e rinnovata!
Sabato scorso era il giorno dopo la tristissima giornata di lutti vissuta da Parigi, ma i poeti non tacciono mai.

Adele Musso











  L'addormentato nella valle
E' una gola di verzura dove il fiume canta
impigliando follemente alle erbe stracci
d'argento: dove il sole, dalla fiera montagna
risplende: è una piccola valle che spumeggia di raggi.
Un giovane soldato, bocca aperta, testa nuda,
e la nuca bagnata nel fresco crescione azzurro,
dorme; è disteso nell'erba, sotto la nuvola,
pallido nel suo verde letto dove piove la luce.
I piedi tra i gladioli, dorme. Sorridente come
sorriderebbe un bimbo malato, fa un sonno.
O natura, cullato tiepidamente: ha freddo.
I profumi non fanno più fremere la sua narice;
dorme nel sole, la mano sul suo petto
tranquillo. Ha due rose ferite sul fianco destro.

Arthur Rimbaud









PROMEMORIA
 di Gianni Rodari
Ci sono cose da fare ogni giorno:
lavarsi, studiare, giocare,
preparare la tavola,
a mezzogiorno.
Ci sono cose da far di notte:
chiudere gli occhi, dormire,
avere sogni da sognare,
orecchie per sentire.
Ci sono cose da non fare mai,
né di giorno né di notte,
né per mare né per terra:
per esempio, la guerra.








Chanson d'automne

Les sanglots longs
des violons
de l’automne
blessent mon coeur
d’une longueur monotone.
Tout suffocantet blème, quand
sonne l’heure,
je me souviens
des jours anciens
et je pleure,
et je m’en vais
au vent mauvais
qui m’emporte
deçà, delà,
pareil à la
feuille morte.

Paul Verlaine



I dipinti sono di Josephine Bonì.
L'adattamento della strofa della Marsigliese di Fabrizio Sapio.

mercoledì 11 novembre 2015

Egli disse alla donna: "È vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di nessun albero del giardino?".



 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quale dolce mela che su alto
ramo rosseggia, alta sul più
alto; la dimenticarono i coglitori;
no, non fu dimenticata: invano
tentarono raggiungerla.

 

 

SAFFO, Fram. 105 a – Trad. S. Quasimodo








 

Rotola a terra
scossa
la mela che in alto
sull’albero
nessuno
aveva raggiunto.

Cade tuttora rossa
finalmente
e scende
a giocarsi i rischi della vita.

(prima che sia finita
là in alto, infeconda
annoiata, avvizzita).

Cade a cercare morsi
che la facciano essenziale
in una bocca affamata
sugoso cibo ferito ma vivo

o nella metafora antica
di due bocche in amore.

Rotola
accettando il rischio
del piede di un destino ragazzo
che la scalcia
fraintesa,  impropria
e se ne fa svago.

Inutile? No!
Il caso
può mostrarsi generoso se

 - perso il suo senso di pomo
d’amore e peccato
e sprecato
il suo contributo di cibo che nutre -

si scopre un destino giocoso di palla.

Fabrizio Sapio     7 nov.’15




“E quando addentate una mela, ditele nel vostro cuore: 'I tuoi semi vivranno nel mio corpo, E i tuoi germogli futuri sbocceranno nel mio cuore, La loro fragranza sarà il mio respiro, E insieme gioiremo in tutte le stagioni'.”

          K. Gibran


selezione poetica e immagini a cura di Adele Musso e Fabrizio Sapio