mercoledì 22 giugno 2016

Se fossimo stati creati per schizzar fuori dal letto appena svegli, ci avrebbero messi a dormire nel tostapane.




 
Edward Munch, Il giorno dopo 1894



Non è mai notte quando vedo il tuo volto
 perciò ora a me non sembra che sia notte,
 né che il bosco sia spopolato e solitario,
 perché per me tu sei il mondo intero;
 chi potrà dunque dire che io sono sola
 se il mondo è qui a guardarmi?




Sogno di una notte di mezza estate

Non ti amo come fossi rosa di sale, topazio
 o freccia di garofani che propagano il fuoco,
 t'amo come si amano certe cose oscure,
 segretamente, tra l'ombra e l'anima.

Ti amo come pianta che non fiorisce e reca
 dentro di sé, nascosta, la luce di quei fiori,
 e grazie al tuo amore vive oscuro nel mio corpo
 il denso aroma che sale dalla terra.

Ti amo senza sapere come, né quando, né da dove,
 ti amo direttamente senza problemi né orgoglio,
 ti amo così perché non so amare altrimenti

che in questo modo in cui non sono e non sei,
 tanto vicino che la tua mano sul mio petto è mia,
 tanto vicino che si chiudono i tuoi occhi col mio  sonno.
Pablo Neruda



Gustave Coubert, Les dormeuses, 1866

Ma tu chi sei che avanzando nel buio della notte inciampi nei miei più segreti pensieri ?
Romeo e  Giulietta



 
John Henry Fusel, The Nightmare 



… chiudi gli occhi piano piano
 e come s’affonda nell’acqua, immergiti
nel sonno nuda e vestita di bianco.
Il più bello dei sogni
ti accoglierà.
Chiudi gli occhi piano piano
Abbandonati come nell’arco
delle mie braccia
nel tuo sonno non dimenticarmi.
Chiudi gli occhi piano piano
i tuoi occhi marroni
dove brucia una fiamma verde…
Nazim Hikmet




Verrai stanotte da me perché io possa dormire.
La tempia del sonno
avrà un ultimo raggio stinto dalle viole del banchetto
e la notte cadrà come un velario
sul teatro che il gufo governa.
Verrai senza indugiare,
senza profumi, senza monili,
senza servi;
correrai da me
attraverso le spirali di fumo
delle torce in giardino.
Le mie braccia hanno già preso la forma del tuo corpo
gonfiate d’attesa e desiderio.
Sulla tua nave  solcherò l’oscure onde
e la generosa clessidra
mescolerà le sue sabbie
fermando il tuo tempo notturno
presso il mio corpo.
Verrai stanotte da me
perché dormiamo un sonno pacificato
su un sogno comune.

Lucio Rufo Lapinio
(trad. F. Sapio)


Gustav Klimt, Danae 1907-1908


mercoledì 15 giugno 2016

Per le rose che furono calpestate presso l’orlo della mia veste. Io ch’ero la vita







Rosa meditativa, Salvador Dalì

In un momento
Sono sfiorite le rose
I petali caduti
Perché io non potevo dimenticare le rose
Le cercavamo insieme
Abbiamo trovato delle rose
Erano le sue rose erano le mie rose
Questo viaggio chiamavamo amore
Col nostro sangue e colle nostre lagrime facevamo le rose
Che brillavano un momento al sole del mattino
Le abbiamo sfiorite sotto il sole tra i rovi
Le rose che non erano le nostre rose
Le mie rose le sue rose.


Dino Campana a Sibilla Aleramo, 1917



LA ROSA, Jorge
La rosa,
l’immarcescibile rosa che non canto,
quella che è peso e fragranza,
quella del nero giardino nell’alta notte,
quella di qualsiasi giardino e qualsiasi sera,
la rosa che risorge dalla tenue
cenere per l’arte dell’alchimia,
la rosa dei persiani e di Ariosto,
quella che sempre sta sola,
quella che sempre è la rosa delle rose,
il giovane fiore platonico,
l’ardente e cieca rosa che non canto,
la rosa irraggiungibile.

JORGE LUIS BORGES


 
Debora Bernardi

Se la tua freschezza a volte ci stupisce;
gioiosa rosa,
è perché in te, petalo contro petalo,
dentro te stessa, ti riposi.

Un corpo sveglio il cui centro dorme,
mentre innumerevoli si toccano
le tenerezze del cuore silenzioso
che culminano poi nella tua bocca.

—-
I
Si ta fraîcheur parfois nous étonne tant,
heureuse rose,
c’est qu’en toi-même, en dedans,
pétale contre pétale, tu te reposes.

Ensemble tout évéillé, dont le milieu
dort, pendant qu’innombrables, se touchent
les tendresses de ce cœur silencieux
qui aboutissent à l’extrême bouche.



Giovanni Boldini



La coppa di rose


Iracondi vedesti schizzar fuoco, due ragazzi
avvinghiarsi in un groppo solo ch' era
odio e si rotolava sulla terra
come bestia assaltata dalle api;
mimi vedesti, fanfaroni tronfi,
cavalli furiosi che stramazzano,
gli occhi stravolgono, mostrano i denti
quasi dal muso si staccasse il cranio.

Ma ora sai come questo si dimentica:
perché hai davanti, colma e inobliabile,
la coppa delle rose che gli estremi
ha in sé dell'essere e del declinare,
porgere, non-poter-mai-dare, esserci,
che può anche esser nostro: anche per noi estremo.

Tacita vita, aprirsi senza fine,
sete di spazio che non toglie spazio
allo spazio che il cerchio delle cose restringe,
forma non circoscritta, senza contorni quasi
e solo interna, stranamente tenera
e che da sé fino all'orlo s'illumina:
conosci cosa che somigli a questa? .

Ed a questa: che un sentimento nasce
perché petali toccano altri petali?
E questa: che uno s'apre come palpebra
e sotto non ci sono altro che palpebre,
chiuse, quasi dormendo dieci volte
dovessero attutire un'energia visiva interna.
E soprattutto: che per questi petali
deve passare luce. Essi dai mille cieli
filtrano lentamente quella goccia di tenebra
nel cui bagliore l'intricato fascio
degli stami si eccita e s'impenna.

E vedi i movimenti nelle rose:
oscillano in così stretto angolo
che i gesti resterebbero invisibili se i loro
raggi non si spiegassero a ventaglio nel cosmo.

Vedi la rosa bianca distendersi beata
ed ergersi nei grandi aperti petali
come una Venere nella conchiglia,
e quella che arrossisce
e si volge confusa a quella fresca,
e come quella fresca si ritrae insensibile,
e come chiusa in sé la rosa fredda
sta fra le rose aperte che ogni veste depongono.
E ciò che svestono, come può esser lieve,
o pesante; mantello o ala o carico,
o maschera, secondo ciò che svestono,
e come: sotto l'occhio dell'amato.

Possono essere qualsiasi cosa: forse
non era quella gialla che giace aperta e vuota
la corteccia d'un frutto in cui quel giallo
era il succo, più denso ed arancione?
E non era già troppo, per quest' altra, sbocciare,
se al contatto dell'aria il suo rosa indicibile
ha assunto il gusto amaro del lillà?
E questa, di batista, non è la veste a cui
tenera e ancora calda aderisce la camicia
che con lei fu gettata nell'ombra del mattino
su una spiaggia della foresta antica?
E questa porcellana dai riflessi d'opale,
tazza cinese bassa, fragile
piena di piccole farfalle chiare -
e quell'altra che nulla contiene oltre se stessa.

Ma tutte non contengono nient' altro che se stesse,
se contener se stesse vuol dire: il mondo esterno,
e vento e pioggia e la pazienza della primavera,
e colpa ed inquietudine, mascherato destino,
e il buio della terra a sera, fino
al volo delle nubi che s'appressano e fuggono,
al vago influsso di remote stelle,
mutarlo in breve spazio entro di noi.
Tutto questo ora posa spensierato
nel grembo aperto delle rose.
 Rilke

 
Magritte, Le tombeau des lutteurs




La tua bocca è come
il centro perfetto di una rosa,
un groviglio di morbido velluto
Cremisi quando m'avvicino
illividisce e sbianca a sera
come corolla stanca sul cuscino
ed io nel sogno tuo
non ho cammino.

Adele Musso


Magritte, Amore a distanza


Selezione poetica e immagini a cura di Adele Musso e Fabrizio Sapio

mercoledì 8 giugno 2016

Osservare un gatto è un po' come assistere alla realizzazione di un'opera d’arte.








La gatta
La tua gattina è diventata magra.
Altro male non è il suo che d’amore:
male che alle tue cure la consacra.

Non provi un’accorata tenerezza?
Non la senti vibrare come un cuore
sotto alla tua carezza?

Ai miei occhi è perfetta
come te questa tua selvaggia gatta,
ma come te ragazza
è innamorata, che sempre cercavi,
che senza pace qua e là t’aggiravi,
che tutti dicevano: «È pazza».
È come te ragazza.


Umberto Saba




 
Morandi



Lo Scienziato cerca un gatto,
un gatto nascosto
in una stanza buia.
Non lo trova ma…
ma ne deduce che è nero.
Il Filosofo cerca un gatto,
un gatto che non c’è
in una stanza buia.
Non lo trova ma…
ma continua a cercare.
Il Teologo, oh il Teologo
cerca lo stesso gatto.
Non lo trova ma…
ma dice di averlo trovato.

Ennio Flaiano






Commestibile: buono da mangiare, sano e digeribile,
come un verme per un rospo,
un rospo per un serpente,
un serpente per un maiale,
un maiale per un uomo
e un uomo per un verme.

Ambrose Bierce

 
Hieronymus Bosch dal trittico del Giardino delle delizie


Perché amo gli animali?
Perché io sono uno di loro.
Perché io sono la cifra indecifrabile dell’erba,
il panico del cervo che scappa,
sono il tuo oceano grande
e sono il più piccolo degli insetti.
E conosco tutte le tue creature:
sono perfette in questo amore
che corre sulla terra per arrivare a te.

Alda Merini

 
Kevin Sloan
L’uomo vuole essere pesce e uccello
il serpente vorrebbe avere ali
il cane è un leone spaesato
l’ingegnere vuol essere poeta
la mosca studia per rondine
il poeta cerca di imitare la mosca
ma il gatto vuol solo essere gatto
e ogni gatto è gatto dai baffi alla coda
dal fiuto al topo vivo dalla notte fino ai suoi occhi d’oro.

Pablo Neruda






Era d'Agosto e il povero uccelletto
 Ferito dallo sparo di un moschetto
 Andò per riparare l'ala offesa,
 a finire all'interno di una chiesa.

 Dalla tendina del confessionale
 Il parroco intravvide l'animale
 Mentre i fedeli stavano a sedere
 Recitando sommessi le preghiere.

 Una donna che vide l'uccelletto
 Lo prese e se lo mise dentro il petto.
 Ad un tratto si sentì un pigolio
 Pio pio, pio pio, pio pio.

 Qualcuno rise a sto cantar d'uccelli
 E il parroco, seccato urlò: "Fratelli!
 Chi ha l'uccello mi faccia il favore
 Di lasciare la casa del Signore!"

 I maschi un po' sorpresi a tal parole
 Lenti e perplessi alzarono le suole,
 ma il parroco lasciò il confessionale
 e: "Fermi - disse - mi sono espresso male!

 Tornate indietro e statemi a sentire,
 solo chi ha preso l'uccello deve uscire!"
 a testa bassa e la corona in mano,
 le donne tutte usciron pian piano.

 Ma mentre andavan fuori gridò il prete:
 "Ma dove andate, stolte che voi siete!
 Restate qui, che ognuno ascolti e sieda,
 io mi rivolgo a chi l'ha preso in chiesa!"

 Ubbidienti in quello stesso istante
 le monache si alzarono tutte quante
 e con il volto invaso dal rossore
 lasciarono la casa del Signore.

 "Per tutti i santi - gridò il prete -
 sorelle rientrate e state quiete.
 Convien finire, fratelli peccatori,
 l'equivoco e la serie degli errori:
 esca solo chi è così villano
 da stare in chiesa con l'uccello in mano.

 Ben celata in un angolo appartato
 Una ragazza col suo fidanzato,
 in una cappelletta laterale,
 ci mancò poco si sentisse male

 e con il volto di un pallore smorto
 disse: "Che ti dicevo? Se n'è accorto!"

Trilussa


Bruegel il vecchio, La danza dei gattini




 Selezione poetica ed immagini a cura di Fabrizio Sapio e Adele Musso