mercoledì 25 maggio 2016

Famiglie! Vi odio! Focolari chiusi; porte serrate; geloso possesso della felicità.








Alternativa episodica del poeta

Stavo per scrivere una poesia
invece ho fatto una torta ci è voluto
più o meno lo stesso tempo
chiaro la torta era una stesura
definitiva una poesia avrebbe avuto
un po' di strada da fare giorni e settimane e
parecchi fogli stropicciati
la torta aveva già una sua piccola
platea ciarlante che ruzzolava tra
camioncini e un'autopompa sul
pavimento della cucina
questa torta piacerà a tutti
avrà dentro mele e mirtilli rossi
albicocche secche tanti amici
diranno ma perché diavolo
ne hai fatta una sola
questo non succede con le poesie
a causa di una inesprimibile
tristezza ho deciso di
dedicare la mattinata a un pubblico
ricettivo non voglio
aspettare una settimana un anno una
generazione che si presenti il
consumatore giusto.

Grace Paley 

Egon Schiele, La famiglia




Perché non vengono?
Perché non vengono i figli,
Presso il mio letto d’acciaio e di piume strappate a sangue
Un letto prestato dove sono morti in molti
Senza parole di senso, senza scambio di occhi, senza battiti di cuore.
Perché sono andati avanti e mi hanno lasciata sola?
Perché mentre dormo vedo uomini che trafficano fra le mie cose?
Strappano i miei quaderni, rompono le mie tazze preferite
Staccano la sua foto dalla cornice
Smontano i muri
Lì, ho appoggiato la sedia
Lì, dondolavo i bambini per addormentarli.
Perché tutto questo vagare di ombre attorno a me,  che solo io riconosco?
Perché tutto questo agitare di mani ferite ?
 Lei fra tutte, ora non vecchia, al braccio del  ragazzo che si era perso dentro la calce, mentre i compagni mangiavano il pane della pausa.
 Perché siete tutti attorno a me senza chiedermi se voglio la vostra compagnia?
Sempre resterò , è una promessa che voglio mantenere
Lei  viene a prendermi dal silenzio ogni giorno
Con le parole che solo lei può dire
Solo lei può farmi sentire figlia, io che l’ho generata.
Lei sente solo il richiamo del vento e cerca la luce del sole
Al posto mio.

Rosa La Camera


 
Degas, La famiglia Bellelli


Non ti auguro un dono qualsiasi,
ti auguro soltanto quello che i più non hanno.
Ti auguro tempo, per divertirti e per ridere;
se lo impiegherai bene potrai ricavarne qualcosa.
Ti auguro tempo, per il tuo fare e il tuo pensare,
non solo per te stesso, ma anche per donarlo agli altri.
Ti auguro tempo, non per affrettarti a correre,
ma tempo per essere contento.
Ti auguro tempo, non soltanto per trascorrerlo,
ti auguro tempo perché te ne resti:
tempo per stupirti e tempo per fidarti e non soltanto per guadarlo sull’orologio.
Ti auguro tempo per guardare le stelle
e tempo per crescere, per maturare.
Ti auguro tempo per sperare nuovamente e per amare.
Non ha più senso rimandare.
Ti auguro tempo per trovare te stesso,
per vivere ogni tuo giorno, ogni tua ora come un dono.
Ti auguro tempo anche per perdonare.
Ti auguro di avere tempo, tempo per la vita.

Elli Michler
 

 
Attilio Mussino


Lo specchio è capovolto.
Tende orecchio la memoria
allo scampanio festoso di armenti,
anelano frescura e pascolo.

Lei ascolta e lancia l'occhio
ove il confine è alto
e la montagna non s'afferra.
Di nubi e tuoni in lontananza
riempie l'attesa
e intanto lasciano rughe
i trattori sulla terra,
e segni nuovi il tempo sul suo volto.

Lo specchio? È capovolto.
E il nuovo è il vecchio.
Rafforza convinzioni e speranza.
Mischiano capelli e sorrisi
e lei accetta della figlia consiglio
e rimprovero prudente
La vecchiezza è impazienza e fretta,
della gioventù maldestra imitazione.

Il tempo è capovolto.
Lei si specchia nell'amore di figlia
che madre è sempre stata.

Adele Musso




 selezione poetica e immagini a cura di Fabrizio Sapio e Adele Musso


mercoledì 18 maggio 2016

"Morire è un'arte, come qualsiasi altra cosa. Io lo faccio in un modo eccezionale io lo faccio che sembra un inferno


                                                          Edward Munch, La bestia, 1901




Morire è un'arte, come qualsiasi altra cosa.
Io lo faccio in un modo eccezionale
io lo faccio che sembra un inferno
io lo faccio che sembra reale.
Ammetterete che ho vocazione.

Silvia Plath







Triste orto abbandonato l'anima
si cinge di selvagge siepi
di amori:
morire è questo
ricoprirsi di rovi
nati in noi.
 
Antonia Pozzi

                                                  Edward Munch, Il canto delle sirene



L'incontro

E cominciammo a parlare,
Guardandoci un attimo, imbarazzati e schivi,
Intristivo nelle lacrime crescenti,
Ma piangere non potevo; e ardevo
Prenderti per mano, se la mia
Non avesse tanto tremato.
La somma facesti quindi dei giorni
Che portavano a un altro convegno,
Benché ognuno sentisse nel cuore
Che appartato andava ormai per sempre.

Il suo d'una campana acuta infittì la stanza.
«Ascolta», dissi. «Batte alta
Come un cavallo in galoppo sopra una deserta strada,
Né meno cruda d'un galoppo perso nella notte».

La morsa delle tue braccia mi fece tacere,
Finché il rintocco travolse il battito dei nuovi cuori.
«Non posso andare» scandì la tua voce,
«Quanto vive di me è qui in eterno».
Così in disparte te ne andasti.

Il mondo era mutato. La campana giunse sopìta,
E sempre più fioca divenne una minuta cosa.
Confidai all'oscurità: Se si ferma devo morire.


Katherine Mansfield

                                                      Attilio Mussino, Il sonno, i sogni



Giovane

Mille porte fa,
quando ero una ragazza sola
in una grande sala con quattro garage,
una notte d'estate se ricordo bene,
ero stesa sul prato
e sotto di me, increspato il trifoglio,
e sopra, distese, le stelle,
e la finestra di papà, semichiusa,
un occhio da cui passa chi dorme,
e le assi della casa
erano bianche e lisce come cera
e milioni di foglie sbattevano,
come vele sui loro strani gambi
e i grilli ticchettavano tutti insieme
e io, nel mio corpo nuovo fiammante,
non ancora di donna,
facevo domande alle stelle
e pensavo che Dio vedesse veramente
calore luce dipinta e gomiti
ginocchia sogni buonanotte.


Anne Sexton 

                                             Edward Munch, Sera sul viale Karl Joahn, 1892




Avevo bisogno di parlare con mia sorella

Avevo bisogno di parlare con mia sorella
parlarle al telefono intendo
come facevo ogni mattina
e anche la sera quando i
nipotini dicevano qualcosa che
ci stringeva il cuore

Ho chiamato il suo telefono ha squillato quattro volte
potete immaginarmi trattenere il respiro poi
c'è stato un terribile rumore telefonico
una voce ha detto questo numero non è
più attivo che meraviglia ho
pensato posso
ancora chiamare non hanno assegnato
il suo numero a un'altra persona malgrado
due anni di assenza per morte.

Grace paley

                                                             L'isola dei morti, Arnold Boklin 1886




selezione poetica e immagini a cura di Adele Musso e Fabrizio Sapio