Street food
… e così me ne vado al vento
con la fragranza del rimàcino caldo;
“le spolette”, le chiama la panettiera.
Rispetto il suo nome ardimentoso
e apprezzo la forma barocca:
i tagli ne fanno un’architettura
come una tozza colonna tòrtile.
Apprezzo la forma, perché col pane
la forma è già sostanza e gusto.
Il companatico, invece, non lo devo scegliere.
Taglio il rimàcino a metà
e lo apro di fronte alle barche, alla Cala.
Il mare ci aggiunge
la sua brezza salmastra.
E tanto basta.
Fabrizio Sapio
Sto trascurando il
mio amore
Lascio che
appassisca
Mi osserva, tace,
le mani lungo i
fianchi
E aspetto che un
sogno mi suggerisca le parole
i gesti di cui non
sono più capace
Ridi di me parlami
gridami contro!
Ricorda quello che
non era, quello che è.
Sfiorisce
per assenza di guerra,
per
troppa pace che s'annida in un accomodo stantio.
Che
le lacrime non mi sono mai servite per legarti
E
gli unici lacci sono gli anni
e
la carta sottile che conserva il pane.
Adele Musso
Le dicevano: - Bambina!
che tu non lasci mai stesa,
dalla sera alla mattina,
ma porta dove l'hai presa,
la tovaglia bianca, appena
ch'è terminata la cena!
Bada, che vengono i morti!
i tristi, i pallidi morti!
Entrano, ansimano muti.
Ognuno è tanto mai stanco!
E si fermano seduti
la notte intorno a quel bianco.
Stanno lì sino al domani,
col capo tra le due mani,
senza che nulla si senta,
sotto la lampada spenta. -
E` già grande la bambina:
la casa regge, e lavora:
fa il bucato e la cucina,
fa tutto al modo d'allora.
Pensa a tutto, ma non pensa
a sparecchiare la mensa.
Lascia che vengano i morti,
i buoni, i poveri morti.
Oh! la notte nera nera,
di vento, d'acqua, di neve,
lascia ch'entrino da sera,
col loro anelito lieve;
che alla mensa torno torno
riposino fino a giorno,
cercando fatti lontani
col capo tra le due mani.
Dalla sera alla mattina,
cercando cose lontane,
stanno fissi, a fronte china,
su qualche bricia di pane,
e volendo ricordare,
bevono lagrime amare.
Oh! non ricordano i morti,
i cari, i cari suoi morti!
- Pane, sì... pane si chiama,
che noi spezzammo concordi:
ricordate?... E` tela, a dama:
ce n'era tanta: ricordi?...
Queste?... Queste sono due,
come le vostre e le tue,
due nostre lagrime amare
cadute nel ricordare!
che tu non lasci mai stesa,
dalla sera alla mattina,
ma porta dove l'hai presa,
la tovaglia bianca, appena
ch'è terminata la cena!
Bada, che vengono i morti!
i tristi, i pallidi morti!
Entrano, ansimano muti.
Ognuno è tanto mai stanco!
E si fermano seduti
la notte intorno a quel bianco.
Stanno lì sino al domani,
col capo tra le due mani,
senza che nulla si senta,
sotto la lampada spenta. -
E` già grande la bambina:
la casa regge, e lavora:
fa il bucato e la cucina,
fa tutto al modo d'allora.
Pensa a tutto, ma non pensa
a sparecchiare la mensa.
Lascia che vengano i morti,
i buoni, i poveri morti.
Oh! la notte nera nera,
di vento, d'acqua, di neve,
lascia ch'entrino da sera,
col loro anelito lieve;
che alla mensa torno torno
riposino fino a giorno,
cercando fatti lontani
col capo tra le due mani.
Dalla sera alla mattina,
cercando cose lontane,
stanno fissi, a fronte china,
su qualche bricia di pane,
e volendo ricordare,
bevono lagrime amare.
Oh! non ricordano i morti,
i cari, i cari suoi morti!
- Pane, sì... pane si chiama,
che noi spezzammo concordi:
ricordate?... E` tela, a dama:
ce n'era tanta: ricordi?...
Queste?... Queste sono due,
come le vostre e le tue,
due nostre lagrime amare
cadute nel ricordare!
Giovanni Pascoli
“Dal mare e dalla terra faremo pane,
coltiveremo a grano la terra e i pianeti,
il pane di ogni bocca,
di ogni uomo,
ogni giorno
arriverà perchè andammo a seminarlo
e a produrlo non per un uomo
ma per tutti,
il pane, il pane
per tutti i popoli
e con esso ciò che ha
forma e sapore di pane
divideremo:
la terra,
la bellezza,
l’amore,
tutto questo ha sapore di pane.”
Pablo Neruda
Pane, la parola che ci mette insieme, sulla tavola e nel mondo, come la poesia lo sa dire.
RispondiEliminaBelle, dal rimacino alla carta pane, alla tavola di briciole e di morti che restano non vanno, la notte è piena. Noi leggiamo come briciole le parole che nutrono come pane.
RispondiEliminaBellissime tutte. Il nutrimento semplice (finché lo è stato, il pane, prima di questo tempo di corruzione anche degli alimenti) che non appesantiva il corpo e lasciava agio all'anima (chissà dove si trova) di nutrirsi con poco (che era tanto ma non lo sapevamo). Questa lattina recupera valori antichi
RispondiEliminal'anima è tra il pane e la carta velina, per alcuni è simile al sesamo per altri alle briciole.
EliminaIl pane è davvero elemento simbolico di alto livello, dalla spiga al suo essere spezzato. Pagina ricca di immagini spunti poesie raccolte per il piacere di noi lettori.
RispondiEliminaNina
Mi ricordo una volta che in un gruppo di scrittura un ragazzo scrisse una poesia sul suo panino preferito in poco tempo, con rime, struttura, tutto... io rimasi molto impressionata, e capii la fondamentale differenza che c'è tra chi si cimenta a scrivere prosa e chi ha in sé la poesia. Ho pensato questo rileggendo la poesia di Fabrizio, alla magia dell'aria salmastra che mi manca tanto, e poi mi è piaciuta quella carta del pane che arriva come una coltellata alla fine della poesia di Adele. Di Pascoli, invece, non sono mai stata una grande fan...
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