lattina
coi chiavistelli: Paraclausìthyron
(dietro la porta
chiusa)
I Asclepiade
di Samo (poeta
greco, ante 310 a.C. – ...)
Lunga
è la notte – è inverno
e
declina in mezzo alle Pleiadi;
ed
io, grondante di pioggia,
cammino
davanti alla sua porta, trafitto dalla brama di lei,
l’ingannatrice.
Non
un amore Cipride,
ma
un dardo doloroso di fuoco mi ha gettato” (trad. G. Perrotta)
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II Plauto
– Curculio
Chiavistelli, chiavistelli, che
piacere salutarvi
Io vi amo, vi scongiuro, e desidero
implorarvi:
fate grazia all' amor mio,
chiavistelli miei carini,
trasformatevi per me in romani
ballerini,
vi scongiuro, sussultate, consegnatemi
il mio amore,
che mi fa morire e beve tutto il
sangue del mio cuore». (trad. E. Paratore)
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III Eduardo
De Crescenzo - Ancora
E'
notte alta e sono sveglio,
sei sempre tu il mio chiodo fisso
insieme a te ci stavo meglio,
e più ti penso e più ti voglio
tutto il casino fatto per averti,
per questo amore che era un frutto acerbo,
adesso che ti voglio bene, io ti perdo.
Ancora, ancora, ancora,
perché io da quella sera, non ho
fatto più l'amore senza te,
e non me ne frega niente, senza te
anche se incontrassi un angelo, direi
non mi fai volare in alto quanto lei.
E' notte alta e sono sveglio,
e mi rivesto e mi rispoglio
mi fa smaniare questa voglia,
e prima o poi farò lo sbaglio
di fare il pazzo e venir sottocasa
tirare sassi alla finestra accesa
prendere a calci la tua porta, chiusa, chiusa.
sei sempre tu il mio chiodo fisso
insieme a te ci stavo meglio,
e più ti penso e più ti voglio
tutto il casino fatto per averti,
per questo amore che era un frutto acerbo,
adesso che ti voglio bene, io ti perdo.
Ancora, ancora, ancora,
perché io da quella sera, non ho
fatto più l'amore senza te,
e non me ne frega niente, senza te
anche se incontrassi un angelo, direi
non mi fai volare in alto quanto lei.
E' notte alta e sono sveglio,
e mi rivesto e mi rispoglio
mi fa smaniare questa voglia,
e prima o poi farò lo sbaglio
di fare il pazzo e venir sottocasa
tirare sassi alla finestra accesa
prendere a calci la tua porta, chiusa, chiusa.
Porta, profondamente più crudele
della stessa padrona,
perché taci chiusa per me da così
duri battenti?
Perché giammai schiusa non fai
entrare il mio amore,
commossa restituire ignara le furtive
preghiere?
Nessuna fine sarà concessa al mio
dolore,
e il sonno sarà turpe sulla tiepida
soglia?
Le notti a metà del corso, le stelle
al completo e l'aria fredda per il gelo dell'oriente,
hanno pietà di me che giaccio.
Tu sola giammai commossa dei dolori
umani
risponderai a vicenda ai silenziosi
cardini.
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V Fabrizio
22 Nov 15
“Al
fresco della notte
i
miei polpastrelli intirizziscono
e
il fuoco stenta nella lucerna.
Ma
la cicala frinisce, e la luna
si
veste del profumo del mirto
Canterò
le tue grazie, amore mio,
benché
un buco sconvolga
le
mie budella, e la birra
riempia
di nebbia la mente e la bocca”
Così
rozzo ti canto
ti
reclamo come fa un bambino bizzoso
senza
una ragione, solo perché lo voglio
Vorrei
vedere la tua faccia
e
sto guardando solo la faccia della porta,
con
la tua voce dietro
che
s’inclina di sotto.
Non
mi hai mai amata teneramente, come un innamorato
Che
cattivo gusto, mi gira tutto, mi seggo sul gradino
Mi
hai amato gelosamente, come un uomo che sa tradire
Sono
ubriaco, stasera, e non voglio stare solo
Ho
bisogno di stendermi sopra di te
e
poi, soddisfatto, accanto a te
Mi
hai amato aspramente, come un avaro che possiede
Apri
questa maledetta porta
non
hai pietà dei vecchi amanti.
Ti
canto ancora qualcosa?
“Sa
di birra la mia boccaaaa // lucidi e sfocati gli occhiiii:
chi
sotto questa lucernaaa // vorrà accostarsi a baciarmiiii?
Ma
se invento una canzonettaaaa // accompagnandomi col mandolinoooo
chi,
presso questa fontanaaaa, // vorrà scostarsi da meeee?”
Ma
che, ti è morto il gatto?
Mi
è morto il gatto, sì, forse.
Ma
anche se fosse stato solo lo scarafaggio di casa
sarei
venuto lo stesso con una scusa in tasca
a
buttar giù la tua porta a parole.
Sei
ubriaco. Torna a casa, è meglio
Che
ne sai dov’è la mia casa?
Ho
perso le chiavi e il tetto
e
dal pavimento salgono
grumi
di sangue senza nome
La
mia casa era il tuo sorriso
adesso
il tuo ghigno sembra venuto
a
confondermi le strade
Su,
tesoruccio, non ho tempo per le scaramucce.
Vattene,
i vicini si lamentano
Apri
questa maledetta porta!
Non
hai capito ancora ?
Puzzi
di alcool e di rabbia
da
questa parte mi arriva il tanfo
del
tuo fiato osceno che vuole baciarmi.
E
allora crepa
“Irride
al falco la serpe
quando
intrattiene nuovi amori in sicuri confini:
non
mi attendo altro da te
che
un rapido sibilo nella notte,
un
cigolio dei cardini
della
porta dai chiodi di bronzo,
che
mi sputi in faccia il mio non avertiiii”
Contro
la porta si spacca il mandolino
Silenzio
che brucia le due facce alla porta
Poi
un rivolo di piscio caldo spegne l’incendio
si
riversa sullo stipite
e
va a cercare una strada
senza
la direzione del futuro.
VI.
Adele
La
porta, oh mio beone,
resta
chiusa e sigillata
e
pure il mio portone
Mi
credi svaporata?
Qui
la stagione è dura
la
crisi incalza e avanza
ed
una porta aperta
diviene
la speranza
per
tutti quei balordi
vigliacchi
e disonesti
coi
loro grimaldelli
che
aspiran
ai miei gioielli.
Ordunque
io non ti apro!
Per
me tu puoi morire,
stirato
come un gatto
lanciato
giù dal tetto
Adesso
il patto è rotto
e
quale mandolino?
Tu
puzzi come un ratto
salito
dalla fogna.
Vergogna!
Ma
quanto avrai bevuto?
hai
il cuore di una spugna
fiato
di una carogna.
La
porta non si apre.
Vai
a stare con le capre
quello
è il posto tuo degno
io
provo solo sdegno
per
il tuo amore acre.
Che
ti venisse un colpo,
una
botta di sale
quest'uscio
è ormai serrato
la
scala non si sale.
Quel
demente di nuovo addormentato?
Qui
fuori, presso l'uscio,
un
cane bastonato, il cervello ormai spompato
il
dente invelenito,
passa
le notti al freddo con rose e mandolino
ignaro
ormai del fatto che qualche buontempone
tolse
il cartello: "affittasi
immobile in locazione”