mercoledì 20 aprile 2016

Poi mandarono geometri e costruttori a tagliare l'albero e piantare al suo posto un’insensata gigantesca cattedrale di sventura


 





A! Free! K!

 Cher frère blanc,
 Quand je suis né, j’étais noir,
 Quand j’ai grandi, j’étais noir,
 Quand je suis au soleil, je suis noir,
 Quand je suis malade, je suis noir,
 Quand je mourrai, je serai noir.
 Tandis que toi, homme blanc,
 Quand tu es né, tu étais rose,
 Quand tu as grandi, tu étais blanc,
 Quand tu vas au soleil, tu es rouge,
 Quand tu as froid, tu es bleu,
 Quand tu as peur, tu es vert,
 Quand tu es malade, tu es jaune,
 Quand tu mourras, tu seras gris.
 Alors, de nous deux,
 Qui est l’homme de couleur ?

 Léopold Sedar Senghor


                                                                           (Malangatana, pittore del Monzabico) 


 
Conversazione telefonica

Il prezzo sembrava ragionevole, il luogo
indifferente. L'affittuaria aveva giurato di vivere
fuori sede. Non rimaneva nulla
se non la confessione.
 "Signora" avvisai,
"detesto buttar via tempo in viaggi inutili - sono africano."
Silenzio. Trasmissione zittita di
buone maniere pressurizzate. La voce, quando venne,
spalmata di rossetto, pigolio di lungo
bocchino dorato. Ero stato beccato, che imbecille.
"QUANTO SCURO?"... Non avevo sentito male... "LEI È CHIARO
O MOLTO SCURO?" Bottone B. Bottone A.
Tanfo di respiro rancido di pubblico nascondino telefonico.
Cabina rossa. Cassetta rossa. Autobus rosso
a due piani che schiaccia l'asfalto. Era vero! Svergognata
dal silenzio scortese, 
la resa spinse lo stupore a pregare semplificazione.
Lei era piena di riguardo, variando l'enfasi -
"LEI È SCURO? O MOLTO CHIARO?"
Venne la rivelazione.
"Lei intende - come cioccolato semplice o al latte?"
Il suo assenso era clinico, schiacciante nella propria leggera
impersonalità. Rapidamente, regolatomi a quella lunghezza d'onda,
scelsi. "Seppia Africano occidentale" e come pensiero aggiunto,
"Come dice il mio passaporto." Silenzio per spettroscopico
volo di fantasia, fino che la sincerità fece risuonare il suo duro
accento sulla cornetta. "COS'E'?" concedendo
"NON HO IDEA DI COSA SIA." "Tipo castano."
"È SCURO, GIUSTO?" "Non del tutto.
Di faccia, sono castano, ma signora, dovrebbe vedere
il resto di me. Il palmo della mia mano, le piante dei miei piedi
sono di un biondo ossigenato. Lo sfregamento, dovuto -
che stupido pazzo - allo starmene seduto, ha reso
il mio sedere nero corvino - un momento, signora!"- percependo
il suo ricevitore rizzarsi in un fragore di tuono
fin nelle orecchie: "Signora," supplicai, "non vorrebbe piuttosto
controllare di persona?"

Wole Soyinka


LA CATTEDRALE

Su questo spiazzale sporco
un tempo sorgeva un albero
che diffondeva incenso sul granturco appena nato:
i suoi rami si estendevano attraverso un paradiso
rischiarato dagli ultimi fuochi di una tribù.
Poi mandarono geometri e costruttori
a tagliare l'albero
e piantare al suo posto
un’insensata gigantesca cattedrale di sventura.

Kofi Awoonor
 


                                                               (Vladimir Kush, Africa Sonata)





 Ascolta più spesso ciò che vive
 ascolta la voce del fuoco
 ascolta la voce dell’acqua
 e ascolta nel vento
 i singhiozzi della boscaglia :
 sono il soffio degli antenati.
 I morti esistono,
 essi non sono mai partiti,
 sono nell’ombra che s’illumina,
 e nell’ombra che scende
 nella profonda oscurità.
 Sono nell’albero minaccioso
 e nel bosco che geme,
 sono nell’acqua che scorre,
 sono nell’acqua stagnante,
 sono nelle capanne,
 sono nelle piroghe.
 I morti non sono morti.
 I morti esistono, non sono mai partiti,
 sono nei seni della donna
 sono nel bimbo portato dal suo corpo
 sono nel tizzone che si accende
 non sono sotto terra
 sono nell’incendio che divampa
 sono nelle erbe che piangono
 sono nelle rocce che gemono
 sono nella foresta, nelle abitazioni, nelle barche.
 I morti non sono morti. 

 Birago Diop

                                                      (H. Rousseau, La bohèmienne endormie)




 La nostra paura più profonda
 non è di essere inadeguati.
 La nostra paura più profonda,
 è di essere potenti oltre ogni limite.
 E' la nostra luce, non la nostra ombra,
 a spaventarci di più
 Ci domandiamo: " Chi sono io per essere brillante,
 pieno di   talento, favoloso? "
 In realtà chi sei tu per NON esserlo?
 Siamo figli di Dio.
 Il nostro giocare in piccolo,
 non serve al mondo.
 Non c'è nulla di illuminato
 nello sminuire se stessi cosicché gli altri
 non si sentano insicuri intorno a noi.
 Siamo tutti nati per risplendere,
 come fanno i bambini.
 Siamo nati per rendere manifesta
 la gloria di Dio che è dentro di noi.
 Non solo in alcuni di noi:
 è in ognuno di noi.
 E quando permettiamo alla nostra luce
 di risplendere, inconsapevolmente diamo
 agli altri la possibilità di fare lo stesso.
 E quando ci liberiamo dalle nostre paure,
 la nostra presenza
 automaticamente libera gli altri.
 Nelson Mandela

 Vedevo nel sogno paesi
 fino ai quattro angoli dell'orizzonte
 sottomessi alla riga,
 alla squadra, al compasso;
 falciate le foreste,
 distrutte le colline,
 nei ceppi valli e fiumi.
 Per quanto è grande la terra vedevo
 paesi
 sotto una griglia di ferro tracciata
 da mille rotaie.
 E poi vedevo i popoli del sud
 formicaio in silenzio al lavoro.
 E' santo il lavoro
 ma non va più col gesto
 ritmato dai tam-tam
 e dalle stagioni che tornano.
 gente del sud nei cantieri, nei porti,
 nelle miniere,
 nelle officine,
 segregati la sera
 nei borghi miserabili.
 Accumulano
 montagne d'oro rosso,
 montagne d'oro nero:
 e muoiono di fame! 

   Léopold Sedar Senghor






selezione poetica e immagini a cura di Fabrizio Sapio e Adele Musso


8 commenti:

  1. La poesia di Wole Soyinka sembra un magnifico pezzo di narrativa. Belle tutte le altre come l'incipit che presenta la selezione e che spiega come una civiltà diversa, alla fine, risulti comunque un'imposizione. Sono tutte davvero belle, stupenda quella di Léopold Sedar Senghor
    Bravi, come sempre

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  2. Nelle nostre selezioni mancava l'Africa e abbiamo pensato di rimediare. Forse erano troppe per una sola lattina. A volte l'entusiasmo ci prende la mano. Grazie Adelaide. E sempre grazie a Adele che oltretutto cura anche le scelte iconografiche. Fab

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    1. Fab, la nostra collaborazione è un grande regalo di amicizia oltre che di passione comune.

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    2. ci puoi giurare !!! Fab

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  3. Dimenticavo: A! Free! K! si legge Africa, of course. Fab

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  4. Bello leggere e ammirare immagini. La mano dell'uomo che modifica la natura, una ricchezza umana fatta da potere e distruzione che rende poveri. Divario socio economico tra i paesi ricchi e quelli africani e poi l'uomo che sembra accumulare montagne preziose d'oro ma muore di fame. I controsensi dell'umanità. Argomenti che danno il via a importanti riflessioni. Complimenti
    Nina

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  5. Mi piace molto. Ho apprezzato anche i quadri, e a volte ritrovo quello visti dal vivo. Di Rousseau in questa selezione la donna che dorme al Moma di NY. Ma la pelle che diventa grigia è quella che mi piace più di tutte. La pelle di colore e di quali colori si colora se non più di ogni altra è proprio la bianca.
    E sempre in tema di colori, non può che essere così. Il bianco li contiene tutti.
    Ciao ad ambedue. Bella e affascinante la selezione

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  6. La poesia ha il dono dell'immediatezza e scocca come una freccia acuminata..se fosse avvelenata, se fosse nella bocca degli sfruttati, ahiahi, quante battaglie vincerebbero?
    Si,ora ricordo...la musica e le parole dei negri nei campi di cotone, gli schiavi di america, del sudafrica...

    grazie.

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