O cittadini della terra mia,
vedete me che il tramite
ultimo batto, l'ultima
luce del sole miro,
né più mai la vedrò. Ché, viva ancora,
Ade, che tutti accoglie,
me trascina alla spiaggia
del fiume d'Acheronte: alle mie soglie
inno di nozze non suonò, ché sorte
non m'ebbi d'Imenèi:
io sarò sposa al Nume della Morte.
Antigone di Sofocle.
Lieve offerta
Vorrei che la mia anima ti fosse
leggera
come le estreme foglie
dei pioppi, che s’accendono di sole
in cima ai tronchi fasciati
di nebbia -
Vorrei condurti con le mie parole
per un deserto viale, segnato
d’esili ombre -
fino a una valle d’erboso silenzio,
al lago -
ove tinnisce per un fiato d’aria
il canneto
e le libellule si trastullano
con l’acqua non profonda -
Vorrei che la mia anima ti fosse
leggera,
che la mia poesia ti fosse un ponte,
sottile e saldo,
bianco -
sulle oscure voragini
della terra.
5 dicembre 1934
Notturno
Curva tu suoni
ed il tuo canto è un albero d'argento
nel silenzio oscuro.
Limpido nasce dal tuo labbro - il profilo
delle vette - nel buio - .
Muoiono le tue note
come gocce assorbite dalla terra.
Le nebbie sopra gli abissi
percorse dal vento
sollevano il suono spento
nel cielo.
Voce di donna
Io nacqui sposa di te soldato.
So che a marce e a guerre
lunghe stagioni ti divelgon da me.
Curva sul focolare ad uno bragi,
sopra il tuo letto ho disteso un vessillo
ma se ti penso all’addiaccio
piove sul mio corpo autunnale
come su un bosco tagliato.
Quando balena il cielo di settembre
e pare un’arma gigantesca sui monti,
salvie rosse mi sbocciano sul cuore:
che tu mi chiami, che tu mi usi
con la fiducia che dai alle cose,
come acqua che versi sulle mani
o lana che ti avvolgi intorno al petto.
Sono la scarna siepe del tuo orto
che sta muta a fiorire
sotto convogli di zingare stelle.
Canto della mia
nudità
Guardami: sono nuda.
Dall’inquieto languore della mia capigliatura
alla tensione snella del mio piede,
io sono tutta una magrezza acerba
inguainata in un color avorio.
Guarda: pallida è la carne mia.
Si direbbe che il sangue non vi scorra.
Rosso non ne traspare. Solo un languido
palpito azzurro sfuma in mezzo al petto.
Vedi come incavato ho il ventre.
Incerta è la curva dei fianchi, ma i ginocchi
e le caviglie e tutte le giunture,
ho scarne e salde come un puro sangue.
Oggi, m’inarco nuda, nel nitore
del bagno bianco e m’inarcherò nuda
domani sopra un letto, se qualcuno
mi prenderà. E un giorno nuda, sola,
stesa supina sotto troppa terra,
starò, quando la morte avrà chiamato.
Palermo, 20 luglio 1929
Antonia Pozzi
Pozzi profondi e inframmezzi di rondini
a mezzo rigo un punto
e poi più in fondo
E chi confonde il vezzo
e il microcosmo delle righe spezze e già riprese
Antonia, un fiore
che conduce avverso alla rima e al foglio bianco.
Pazzi che affondano nel niente
nessuna corda li ri(con)duce al cielo.
E si che d'acqua e fiele tu ne offristi al mondo.
Il pozzo è niente a chi confonde sete.
A.M.
Poesie meravigliose! Grazie per avermi fatto conoscere Antonia Pozzi.
RispondiEliminaGrazie Valeria!
EliminaUna delle mie voci preferite, vi ringrazio
RispondiEliminapat
Grazie a voi per leggerci.
EliminaQueste poesie sono "un tuffo ammare". Complimenti a tutte!
RispondiEliminaNina
aggiungo: un tuffo ammare "in un mare di ottobre, quando le spiagge sono deserte e ci si può fare il bagno nudi."
RispondiEliminaRosaL.
Che bella selezione! pozzi chr attirano e innalzano invece di risucchiare. Brava Adele! Fabrizio
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